Eppure scricchiola….e tutto è possibile

La situazione russa sine ira ac studio.

Non è stata una marcia da operetta, non è stata una retromarcia da commedia degli equivoci.

L’insurrezione armata o l’insubordinazione della Wagner o ancora la sfiorata guerra civile ha elevato per un attimo l’ultranazionalista Prigozhin presso l’opinione pubblico occidentale, per ironia della sorte, per malafede o ignoranza o ancora per mal riposta speranza alimentata dalla stanchezza per il conflitto, se non a “liberatore” o facilitatore della pace”, quantomeno a “acceleratore della disgregazione interna” del fronte russo.

La situazione russa veniva seguita minuto per minuto, con un crescendo di attesa e speranza, mista a preoccupazione e disperazione.

Prigozhin, il cavaliere dell’Apocalisse, sembrava osare ove nessuno aveva osato: sfidare militarmente il potere russo all’interno della grande Madre Patria.

L’avanzata è stata formidabile ed inspiegabile alla luce dei pochi uomini a disposizione (25.000), sebbene ben equipaggiati ed altrettanto addestrati.

Poi la repentina, subitanea e quasi immotivata retromarcia.

Tutto appare inspiegabile e la spessa coltre che avvolge le questioni di potere politico e militare (le une sempre intrecciate alle altre nel mondo post sovietico) consentirà solo fra molto tempo di azzardare se veramente sia stata sfiorata la guerra civile e quali fossero i reali poteri che si fronteggiavano, ma qualcosa, ‘sine ira ac studio’, già oggi ha il sigillo della certificazione storica ed epocale.

Un sigillo con cui Putin, la Russia, l’Occidente dovranno confrontarsi lucidamente.

Per la prima volta il potere interno russo è stato sfidato militarmente al punto da indurre Putin a paragonare la marcia di Wagner al fatidico 1917 russo, con ciò digrignando i denti, ma rendendo evidenti le ferite inferte e il pericolo percepito.

Per la prima volta Putin, lo Zar della comunicazione o delle comunicazioni negli undici fusi orari del suo vasto territorio, non ha gestito la comunicazione, ma la ha patita.

Non importa se davvero o meno volesse abbandonare Mosca con un aereo diretto nella più sicura San Pietroburgo, come è trapelato, è inaudito che abbia subito la notizia, l’abbia rincorsa, l’abbia dovuta smentire.

Per la prima volta non è lo Zar ad intervenire nelle dinamiche interne delle repubbliche satellite, con la forza militare o interponendo la sua diplomazia nelle crisi interne, ma sono i ceceni ad accorrere in armi ed è il leader bielorusso Lukashenko a individuare e sigillare una tregua diplomatica con Wagner.

La crisi si risolve senza la punizione esemplare del “ribelle” che sfida l’establishment e non è poco se si considera che il potere e la forza sono tutto nell’immaginifico russo.

Il potere interno dello Zar scricchiola…ed ora tutto è possibile.

Se al fronte interno, fra liturgia e immaginifico del potere, si aggiunge che a Wagner era stata appaltata la rete imperialista in Medioriente e in Africa e da Wagner arrivavano le risorse energetiche, le terre rare, le miniere di oro e di diamanti: dalla Siria al Mozambico, dalla Libia al Sudan, dall’Egitto alla Repubblica Centrafricana la fitta nebulosa di Wagner ha intessuto e coperto diplomazia, politica e affari di Mosca. Chi erediterà questa rete?

Il quadro è più che sufficiente per scommettere che in Russia nulla sarà come prima e che le lancette della storia si sono messe in moto.

Nessuno potrà derubricare in marcetta da operetta quello che è accaduto e ancor meno in retromarcia da commedia.

Bene ha fatto il Presidente Meloni a conservare un atteggiamento prudente, ma guardingo: è una crisi interna…ma riguarda tutti noi e possiamo essere certi i sismografi politici avranno il loro da fare nei prossimi mesi.

 

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