Ergastolo ostativo e carcere duro: due capisaldi nella lotta alla mafia. Difendiamo lo Stato, aggrediamo la mafia

In questi giorni ha fatto molto discutere il complesso di proposte di Fratelli d’Italia per mantenere quanto più possibile gli istituti giuridici contro i boss mafiosi, dopo che la Corte Costituzionale e la CEDU li hanno dichiarati incostituzionali e inumani.

La Corte Costituzionale, all’esito di una serie di pronunce precedenti della Consulta e della CEDU, è pervenuta a dichiarare incostituzionale l’ergastolo ostativo e il carcere duro nei confronti dei mafiosi.

La normativa eccezionale di contrasto alla criminalità organizzata, nata all’indomani delle stragi di mafia, è per noi irrinunciabile.

Prima dell’intervento della Corte Costituzionale qualsivoglia beneficio carcerario in favore dell’associato alla criminalità organizzata era subordinato, giustamente, o alla collaborazione o alla dimostrazione della impossibilità di collaborare.

Il mafioso ha sempre spunti investigativi da fornire e se non li fornisce evidentemente è lecito dubitare del suo effettivo e genuino pentimento.

La madre di tutte le battaglie nel corso della lotta della mafia nei confronti dello Stato è sempre stata, per espressa indicazione di Totò Riina, il capo dei capi, quella della abolizione del carcere duro e dell’ergastolo ostativo nei confronti dei mafiosi.

Come siamo potuti giungere a perdere questa battaglia morale e culturale prima ancora che giuridica? E cosa possiamo fare?

Le risposte a queste due domane sono il succo di questo approfondimento.

L’art 27 della Costituzione è stato il grimaldello culturale di chi, in questi anni e a più riprese, ha lentamente eroso la certezza della pena sul presupposto che esisterebbe, nella polifunzionalità della pena, un valore “tiranno”: quello della funzione rieducativa.

La rieducazione è una delle funzioni pena e fingere che sia l’unica ha comportato la lenta erosione del valore di difesa sociale e di prevenzione generale della pena.

Per contrastare questa deriva Fratelli d’Italia ha presentato una proposta di legge di modifica della Costituzione con la quale, pur mantenendo inalterata la funzione rieducativa della pena, viene riaffermato a caratteri cubitali che “la legge garantisce che l’esecuzione delle pene tenga conto della pericolosità sociale del condannato e avvenga senza pregiudizio per la sicurezza dei cittadini”.
E’ blasfemo o incostituzionale richiamare l’esigenza di sicurezza dei cittadini che è alla base del contratto sociale con cui nasce lo Stato per cui i cittadini autolimitano loro diritti assegnando il monopolio della sicurezza e della giustizia allo Stato?

Fratelli d’Italia ha un approccio pragmatico e non ideologico alle vicende della giustizia, rifiutandosi di militare nelle contrapposte e speculari curve ultras tanto dei garantisti che dei giustizialisti.

Siamo convinti della necessità di garantire i diritti degli indagati e degli imputati in ogni fase e grado del procedimento, ma crediamo che in Italia, per paradosso, vengano compressi diritti di imputati e indagati e vi sia troppo lassismo nei confronti dei condannati con sentenza passata in giudicato.

Questa deriva culturale che nasce dal fuorviante convincimento che la funzione della pena si risolva nella sola funzione rieducativa che ne è tratto essenziale, ma non totalitario.

La predetta distorsione della funzione della pena, che tentiamo di contrastare con la predetta proposta di modifica costituzionale, la lentamente, ma implacabilmente disarticolato il percorso di frontale contrasto alla criminalità organizzata che, non a caso, ha fatto della lotta alla normativa del carcere duro la madre di tutte le battaglie contro lo Stato.

La Consulta, alla luce della predetta ed unilaterale interpretazione dell’art. 27 della Costituzione, è dunque intervenuta sull’ergastolo ostativo comminato ai boss mafiosi, precisando che non può più assumersi come presunzione assoluta la pericolosità sociale del detenuto per reati associativi se non collabora con la giustizia.

Questo significa che un boss mafioso potrà accedere ai benefici carcerari anche in assenza di collaborazione con lo Stato.

La Consulta ha comunque dato al Parlamento un anno per intervenire sulla normativa dell’ergastolo ostativo adeguandola a questa mutata interpretazione.

Ferma restando la modifica costituzionale avanzata, Fratelli d’Italia ha immediatamente depositato una proposta di legge ordinaria volta a salvaguardare il percorso di durezza carceraria nei confronti dei boss mafiosi adottato dall’Italia dopo la stagione delle stragi.

Fratelli d’Italia ha depositato una proposta volta a scongiurare che la buona condotta del boss mafioso in carcere, la sua solo formale dissociazione e la partecipazione al lavoro possano diventare gli unici presupposti per concedere la liberazione condizionale al mafioso.

Con la proposta di legge ordinaria addossiamo all’istante l’onere probatorio (si chiama onere probatorio rafforzato ed è assolutamente legittimo) di aver rescisso ogni legame con l’ambiente mafioso e l’assenza del pericolo di ripristino, introduciamo maggiori e più penetranti poteri di controllo da parte del Giudice e assegniamo il potere di speciali prescrizioni per scongiurare che il mafioso, ottenuti i benefici, possa nuovamente flagellare la società.

Ebbene sì, vogliamo addossare al mafioso l’onere della prova della assoluta rottura dei collegamenti con la criminalità organizzata, pretendiamo che prima di valutare qualsiasi beneficio si abbia la certezza che non ripristinerà i contatti con l’ambiente malavitoso, consideriamo corretto che un mafioso non possa ottenere benefici vivendo nel lusso in assenza di risarcimento della vittima.

Per la particolarità del fenomeno mafioso, è veramente poco probabile che un associato, se veramente pentito, non abbia spunti da offrire, in termini di collaborazione alla giustizia, ma si può affermare che prima di ottenere la liberazione dobbiamo avere almeno la certezza che non ripristinerà collegamenti con gli ambienti malavitosi? O ancora possiamo dubitare della dissociazione formale di chi, ottenuti i benefici, potrà vivere godendo di notevoli patrimoni famigliari, senza aver avvertito la necessità di risarcire la vittima?

Questo è il succo della proposta di Fratelli d’Italia che, pur nel solco delle contestate indicazioni della Consulta, si prefigge di mantenere la durezza del carcere nei confronti delle associazioni delinquere di stampo mafioso, perché il contrasto alla Mafia deve rimanere frontale senza gargarismi garantistici che consegnerebbero la vittoria a Totò Riina nella sua pluridecennale battaglia contro l’ergastolo ostativo.

Per noi vince sempre lo Stato, per noi non potrà mai vincere la mafia.

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