Il mio intervento in Aula in risposta al Ministro della Giustizia Bonafede.
Grazie, Presidente. Vede Ministro, lei, anche oggi, ha perso un’ottima occasione; l’occasione di riabilitarsi almeno moralmente: politicamente non potrà mai. Lei avrebbe dovuto presentarsi in quest’Aula col capo cosparso di cenere, chiedendo scusa agli italiani, chiedendo scusa alle famiglie delle vittime della mafia, chiedendo scusa alle tante Forze dell’ordine che, anche con sprezzo della loro vita, hanno tentato di fronteggiare la criminalità organizzata in questo Paese.
Invece, si è profuso in una puerile, infantile, banale, inefficace, claudicante, risibile, vergognosa, difesa d’ufficio del suo operato: un operato ignobile!
Lei ha tentato di arrivare con un coup de théâtre qua dentro, vergine: parliamo della nomina di Di Matteo, come se non arrivassimo a parlare della mancata nomina di Di Matteo, perché quando è lei a dover fare le nomine, non più quando è in opposizione, Di Matteo non si nomina più. Questa è la prima storia che ci ha raccontato in quest’Aula.
Lei ha tentato di venire vergine! Parliamo solo della nomina di Di Matteo, fingendo che lei non stia arrivando qua con la pesante ipoteca morale, che cade anche sul suo Dicastero, di aver agevolato per ignoranza giuridica, per inadeguatezza politica, per viltà caratteriale, per tracotanza e arroganza caratteriale, la scarcerazione di 376 mafiosi in regime di 4-bis e 41-bis.
La brusca inquietante retromarcia sulla nomina di Di Matteo è solo l’ultima delle concatenazioni della fallimentare e disastrosa gestione del Dicastero della Giustizia nel fronteggiare la criminalità organizzata. Ha ragione solo su una cosa: “la mafia vive di segnali”. Vede, lei è arrivato qua come esperto giurista; “la mafia vive di segnali”, con questo tono profetico. E sì! Le ha mandato a lei dei segnali la mafia! Con le rivolte carcerarie del 7 e dell’8 marzo le ha mandato dei segnali: le ha mandato dei segnali per alleggerire il 4-bis e il 41-bis. Le ha mandato un segnale quando le ha detto: non ti azzardare a nominare Di Matteo, perché noi poniamo il veto.
E lei ha ricevuto questi segnali e ne ha mandati altri: al posto di domare le rivolte carcerarie, organizzate ed eterodirette dalle criminalità organizzate, lei ha prodotto lo “Svuota carceri”, del quale hanno beneficiato i mafiosi.
Lei ha fatto emanare da Basentini, salvo poi farlo dimettere, una circolare del DAP, che altro non è che la conseguenza giuridica immediata e la traduzione amministrativa del suo “Svuota carceri”. Lei ha mandato un segnale ai boss mafiosi: tutti a casa ai domiciliari, in quei regni che fino a ieri flagellavate e da domani tornerete a flagellare. Questi i segnali che si sono corrisposti fra lei e il mondo mafioso.
Eppure lei, oggi, indicibilmente e incredibilmente, non solo riesce a venire qua con una difesa d’ufficio molto debole, ma, superando ogni confine della decenza, riesce ancora a presentarsi come il campione senza macchia e senza paura della lotta giustizialista alla mafia: “ho posto in campo un decreto straordinario”.
Allora evocando Pirandello, come lei, nella commedia delle maschere pirandelliane, le voglio dire una verità che tutto questo Parlamento ha compreso e la tiepidezza con cui gli uomini della sua maggioranza accoglievano il suo claudicante discorso ne è la prova più eloquente ed evidente. Lei, oggi, non è più il campione del giustizialismo, è la caricatura grottesca e carnascialesca del campione del giustizialismo.
Infatti, i fatti sono eloquenti di per sé. Il 7 e l’8 marzo 22 istituti penitenziari entrano in rivolta. Le procure d’Italia aprono ventuno fascicoli, ipotizzando che dietro quelle rivolte ci sia la regia occulta della mafia. Gratteri le dice di schermare immediatamente i carceri, perché da fuori con i cellulari coordinano le rivolte. Fratelli d’Italia, che non è indovina e non ha la sfera di cristallo, le dice di non assumere il provvedimento – articolo 123 del decreto-legge – perché sarà uno “Svuota carceri” e ne approfitteranno i mafiosi, che beneficeranno, come effetto domino, delle decisioni della magistratura di sorveglianza, che verranno influenzate dal suo “Svuota carceri”.
Il membro del CSM Di Matteo, all’epoca ancora suo punto di riferimento, le dice di non cedere alla criminalità organizzata, che evoca le rivolte per arrivare alla più grossa sfida della mafia allo Stato: frantumare il percorso del carcere duro, nullificare il 4-bis e il 41-bis e, sul falso presupposto, indimostrato e scientificamente falso, del nesso di causalità fra carcere e contagio, liberare tutti i mafiosi. Il dottor Sebastiano Ardita del CSM le dice per tempo che avrà un effetto domino e usciranno tutti i mafiosi. Oggi lei viene a raccontarci che è colpa della sorveglianza! Dopo averci raccontato che la colpa era di Basentini, è colpa della sorveglianza. Se potessimo interloquire e fare una domanda che la inchioderebbe: prima del suo “Svuota carceri” quanti mafiosi in 41-bis e in 4-bis sono usciti dalle carceri italiane? Trecentosettantasei, oggi!
La seconda domanda che le vorremmo porre è: era stato avvisato da Di Matteo, da Ardita e da Fratelli d’Italia che sarebbe fatalmente finita così? La sua risposta dovrebbe essere “sì”, perché ci sono gli atti a dimostrarlo.
Allora, vede, non ci interessa l’epilogo finale di quella brusca retromarcia sulla nomina di Di Matteo; ci interessa la forza retro-illuminante che ha nella lunga catena di errori. Se noi dovessimo assolverla dalla trattativa Stato-mafia, noi dovremmo ipotizzare, sa che cosa? Ignoranza giuridica, inadeguatezza politica, viltà e resa di fronte alle rivolte carcerarie; arroganza caratteriale e tracotanza caratteriale che le ha impedito di ascoltare chi, come noi di Fratelli d’Italia, le diceva che se uno in carcere minaccia lo Stato, tu non gli dai i premi! Tu gli revochi i benefici di massa, fai processi per direttissima, schermi le carceri italiane!
Concludo. Lo liberi il Dicastero! Lo liberi di quella pesante ipoteca morale che sarebbe la sua permanenza. Questo sarebbe un atteggiamento che apprezzeremo, non il decreto di oggi, quella pezza, quel pannicello caldo, perché la mafia non si combatte con le pezze o con i pannicelli caldi di Dj Fofò, si combatte con tutto ciò che le manca: fermezza, consapevolezza, coraggio, determinazione, fierezza, impegno, serietà, lotta senza tregua alle criminalità organizzate.
Noi la condanniamo. La condanniamo e concludo, Presidente Fico, e la ringrazio perché il tema dovrebbe essere importante anche per lei…
La condanniamo politicamente e moralmente, perché lei ha ceduto alle rivolte delle carceri organizzate dalla criminalità organizzata, lei è stato utile strumento in mano alla criminalità organizzata, lei ha consentito – e termino per davvero – alla criminalità organizzata e alle mafie di portare a compimento, vincendola, la più grande sfida lanciata allo Stato e alla legalità: frantumare il percorso del carcere duro, nullificare il 41-bis e il 4-bis, riportare trionfanti i mafiosi nei loro regni, perché possano nuovamente flagellarli indisturbati e conferire l’idea che in Italia la mafia possa porre dei diktat sulla nomina del capo del DAP.
Non esiste riabilitazione per questa condanna morale e politica, che non transiti dalle sue dimissioni immediate. Tolga il disturbo, lo tolga subito, lo tolga con la coda fra le gambe.