Giorgia Meloni a «Libero»: «Non chiamatelo decreto dignità: è il decreto visibilità di Di Maio e FdI non lo voterà»

Roma, 29 luglio 2018

La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni sarà Verona per incontrare gli imprenditori veneti, i più arrabbiati con il governo per via delle novità contenute nel decreto dignità. «Ci confronteremo con quell’elettorato che storicamente sostiene il centrodestra. A loro avevamo promesso risposte sul tema del lavoro. Raccoglieremo le loro instanze e le trasformeremo in emendamenti da presentare in Aula, da aggiungere ai molti che Fdi ha già presentato».

Domani Montecitorio inizia a votare. Di Maio sostiene che il decreto è molto migliorato rispetto alla prima stesura. È così? «Che dire: lo chiamano “dignità”, io lo chiamo decreto “visibilità”…».

In che senso? «Di Maio aveva fretta di dare un segnale di visibilità, di far sapere che al governo c’era anche lui. Ha partorito questa legge. Principi di base condivisibili da chiunque, modello “vogliamo la pace nel mondo”, ma poi codificati in modo ridicolo o addirittura dannoso».

Dov’è l’errore? «È un decreto pieno di divieti, l’Italia non ne ha bisogno. Serve invece libertà di crescere e produrre. Nel di dignità c’è la riproposizione di visioni del mondo lontane anni luce dalla nostra e lontane da quello che pensa la maggioranza degli italiani che ha sostenuto il centrodestra in tutte le elezioni dal 4 marzo in poi».

L’avete definito un provvedimento di sinistra. «Oggi nessuno pensa più di mettere il lavoratore contro il datore di lavoro. Entrambi sono esposti ai rischi della crisi economica. La sfida è che si tengano per mano, non che si facciano la guerra. Il lavoro non si crea per decreto, né il precariato si combatte per editto. Se tu rendi più gravoso il contratto di lavoro a termine invece di rendere più conveniente il tempo indeterminato, non otterrai la stabilizzazione dei posti di lavori, ma nuova disoccupazione o, peggio, nuovo lavoro nero. Queste cose le spiegavamo alla Cgil venti anni fa, le pare che oggi le dobbiamo far capire a Di Maio?».

Hanno bocciato tutti i vostri emendamenti. «E lo hanno fatto alla cieca. Sulla ludopatia, per esempio. Abbiamo fatto della lotta al gioco d’azzardo una nostra bandiera. Avevamo proposto modifiche semplici, ma molto efficaci: incentivi agli esercizi che decidono di dismettere le macchinette o di non averle, norme rigide su dove posizionarle e a quanta distanza dalle scuole. È l’abc».

Salvini dice di aver incontrato solo imprenditori contenti. «Sono contenta per lui. Io ne incontro tanti e sono tutti arrabbiati, è proprio sbagliata la mentalità di questa legge, vede gli imprenditori come nemici, mentre sono gli unici che possono risolvere il problema del lavoro. È un punto di vista tipicamente grillino e marxista, non di destra».

Il leader leghista sta subendo l’iniziativa grillina? «Spero di no. I nostri elettori volevano vederci uniti. E, insieme, dare un segnale di discontinuità su queste materie. Invece oggi osservo continuità con la peggiore sinistra. Per questo capisco la rabbia e la frustrazione di questi giorni. Ed è il motivo per cui andiamo a Verona».

Approfittate di questo momento di tensione nella Lega? «Veramente diciamo le stesse cose da sempre, su questo e su tutto il resto, e quando abbiamo detto che conveniva un governo di centrodestra e che non avremmo fatto accordi con il Pd o con i Cinquestelle, era proprio per evitare uno scenario del genere. Quando sei costretto a metterti con qualcuno che è molto diverso da tè, alla fine su qualcosa devi cedere. I Cinquestelle stanno sostenendo Salvini sulla politica migratoria in cambio vogliono qualcosa. Ma se la Lega cede sul lavoro, sulla produzione, sulla ricchezza, fa secondo me un tragico errore. E questo riguarda anche la Tav».

È il prossimo fronte pronto a esplodere. «Nessuna Nazione decide se fare o non fare un’infrastruttura in base a quanto gli costa la penale dell’Unione europea. Gli Stati fanno scelte strategiche. L’Italia ha bisogno di nuove opere. Al Nord come al Sud. Da Salvini mi aspetto che chiuda Askatasuna, non la Tav».

Berlusconi e Renzi condividono la previsione sulla durata (corta) del governo. «Io tifo sempre per l’Italia e spero che il governo faccia bene, indipendentemente da quanto questo possa essere utile al mio partito. Abbiamo detto sì alle politiche migratorie. Allo stesso modo non abbiamo problemi nel dire che il decreto dignità, così com’è, non lo votiamo».

Il Pd fa appello ai partiti a non votare Foa in Vigilanza Rai. «Gli argomenti utilizzati dalla sinistra contro Foa convincerebbero chiunque a votarlo. Sentire il Pd che denuncia la lottizzazione del servizio pubblico è scandaloso. Sul metodo utilizzato perla scelta dei nuovi vertici Rai ho qualcosa da dire. Comunque valuteremo in Vigilanza Rai».